Nespresso – “da chicco a chicco”

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Quando ho potuto vedere per la prima volta il nuovo filmato TV di Nespresso, in uno dei negozi Milanesi della famosa catena, in un primo tempo, avendo un approccio volutamente critico nei confronti della comunicazione cosiddetta green in generale, non ne ho colto appieno la portata innovativa e lo spessore.

Dopo una più attenta osservazione, mi sono reso conto che lo spot è ben strutturato, credibile, e soprattutto improntato ad un concetto concreto di economia circolare, seppur ancora «elementare», unita alla solidarietà (CSR) e al coinvolgimento del pubblico cliente.

Il «pot-pourri» comunicativo di Nespresso vede il suo punto di aggancio alla circolarità proprio nell’azione responsabile del cliente che, riportando le cialde usate nei punti di raccolta, rende possibile l’attivazione di un processo circolare che parte da «prima» e arriva «dopo» quell’azione volontaria, e che i creativi che se ne sono occupati hanno felicemente chiamato «da chicco a chicco».

Da chicco a chicco è in effetti un bel concetto, che coinvolge tutto il processo produttivo del caffè, dalla sua coltivazione, alla fruizione attraverso le cialde di alluminio, al riutilizzo del prezioso involucro in chiave “riciclo“, e di economia circolare per quanto riguarda il contenuto, che da compost viene riutilizzato come componente naturale per la produzione di riso, riso che in parte viene poi acquistato da Nespresso e devoluto alla ONLUS Banco Alimentare.

La qualità dello spot, l’efficacia delle immagini e tutto il contesto rendono credibile l’insieme dell’operazione.

È probabile, anche se dalla lettura del «CONTENUTO» sulle confezioni non risulta, che la coltivazione del riso «da chicco a chicco» non possa essere considerata «bio», nel senso che il compost Nespresso non è sicuramente «bio», cioè del tutto esente da componenti chimici aggiunti ed in effetti tale plus non viene minimamente citato nella comunicazione.

Quello del «non bio» è di per sé un bel tema, che non intendiamo usare contro Nespresso, in quanto evidenzia “solo” l’estrema difficoltà per qualsiasi azienda della nostra epoca storica di creare un prodotto o un sistema veramente eco-sostenibile; sembra infatti che da qualche parte devi scendere a compromessi, e questa sarà una bella sfida per gli anni a venire.

Tornando al tema principale, devo riconoscere che se più brand della rilevanza di Nespresso potessero consegnarci iniziative di tale portata, il concetto di economia circolare sarebbe più concreto e facilmente percepito da parte del grande pubblico.

Ho tenuto d’occhio l’evolvere degli spot TV dal sapore green apparsi a partire dalla Fase 2, e in effetti, dopo un inizio un po’ dimesso, occupato solo da spot già conosciuti (la produzione di nuovi spot si era effettivamente interrotta durante il lockdown), ora stanno cominciando a piovere sempre più spesso nuovi spot che ammiccano alla sostenibilità, ma purtroppo abbiamo già notato che a parte il messaggio, sotto ci sono sempre gli stessi stereotipi, superficiali, banali, per non dire fortemente criticabili.

Nespresso si distingue per un certo «tocco», proprio del posizionamento del brand, ma la ricercatezza dell’insieme depone a favore di un’idea di green che a noi piace, che non è pauperizzante ma che invece valorizza una visione evoluta e sofisticata della sostenibilità, perché i risultati più concreti in tal senso non saranno (o non dovrebbero essere) basati sulla rinuncia ma sulla tecnologia e un nuovo modo di pensare.

Ed è proprio sul nuovo modo di pensare il business sostenibile nel suo insieme che Nespresso purtroppo incontra i suoi limiti.

Ecco quali sono tali limiti.

Durante il lockdown ho avuto modo di testare il servizio di consegna a domicilio delle cialde Nespresso; nulla da eccepire.

Già sapevo che lo stesso servizio non prevede il ritiro delle cialde usate, e che questo servizio è disponibile solo se ti rechi in un punto di riciclo.

Peccato che in Italia ci siano attualmente circa 120 punti di ritiro delle capsule esauste, al 99% concentrate da Roma in su e Milano + Roma rappresentano il 41% del totale: non propriamente una diffusione omogenea nel territorio italiano.

Questo però NON è lo spirito giusto per poter divulgare uno spot TV su base nazionale, basato proprio sulla circolarità, che dovrebbe rappresentare un bell’esempio, come giudicato all’inizio di questo articolo, ma in realtà rappresenta una frustrazione, sia per il cliente sensibile, sia per l’ambiente (se potesse esprimersi); gran parte della popolazione nazionale è esclusa da questa pratica; può acquistare Nespresso attraverso il commercio elettronico, ma non può dar seguito al riciclo virtuoso delle capsule.

Dare senso compiuto alle iniziative eco-sostenibili richiede sempre un notevole sforzo, anche economico, e non andrebbe mai visto in primis come uno spot, ma come un’iniziativa sincera e credibile.

Quindi, dopo una prima sensazione di piacere nel vedere lo spot, a conti fatti vieni avvolto da una sensazione di frustrazione, impotenza e disillusione.

Cosa costerebbe a Nespresso organizzare il ritiro delle cialde usate anche a domicilio?

Probabilmente molto, o costerebbe così tanto da dover intervenire sul costo della cialda, e quindi sulle tasche del cliente; come conseguenza si diventa “pressapochisti” a prescindere: «non posso far pagare il servizio ai clienti; non posso rinunciare a parte del margine; posso solo organizzare un servizio a metà, con buona pace della dichiarata attenzione all’ambiente».

Il pressapochismo, appunto, non si concilia con la sostenibilità ambientale.

Il secondo e ultimo limite rilevato nell’azione di Nespresso è la visione parziale del concetto di circolarità, visto che questa è stata la scelta per realizzare lo spot.

Se mai si può parlare di economia circolare nella gestione delle cialde, con tutti i forti limiti sopra esposti, sicuramente non si può parlare di circolarità nella gestione delle macchine da caffè Nespresso.

Ovviamente il concetto che sto per esprimere è particolarmente complesso da realizzare, ma se vogliamo parlare di economia circolare compiuta non si può prescindere dalla corretta gestione delle apparecchiature necessarie per preparare il caffè.

Tali apparecchiature, come tutti gli elettrodomestici, del resto, dovrebbero essere progettati, ingegnerizzati e prodotti per poter poi, a fine vita, essere smaltiti e riciclati al 100%, in modo facile ed efficace.

Se Nespresso chiedesse ai suoi produttori di macchine da caffè, grandi multinazionali, di progettare una nuova macchina secondo i principi dell’economia circolare, sono certo che ciò potrebbe avverarsi, e sarebbe un grande evento, utile per far crescere tutta l’industria del piccolo elettrodomestico.

Infine mi chiedo cosa Nespresso stia facendo sulla base di questo principio negli altri paesi, in quanto lo spot TV oggetto di questa analisi è evidentemente settato sul mercato e sulla sensibilità italiana.

Che la pubblicità, per essere efficace, debba anche tener conto delle culture a cui si rivolge questo è un dato di fatto, sebbene sia meno rilevante se si parla di brand molto forti e conosciuti in tutto il mondo.

Non ci è voluto molto per cogliere subito il punto, senza però avere una buona sorpresa; andando sul sito di Nespresso France abbiamo potuto verificare che praticamente tutti i limiti indicati in questo articolo, in quel mercato sarebbero già superati, almeno per quanto riguarda la raccolta delle capsule a domicilio, o nelle aziende in cui i clienti consumatori lavorano.

https://www.nespresso.com/fr/fr/

Per quanto riguarda «da chicco a chicco», non abbiamo ovviamente trovato traccia, ma era logico che fosse così, ma solo una ormai super sfruttata attività di piantumazione di alberi nelle zone di coltivazione del caffè.


VOTO

Quindi, in generale, bene Nespresso ma ci sono alcune lacune, soprattutto in Italia, che andrebbero presto risolte.

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